Canapa: una pianta dalle mille controversie e virtù

La canapa è una delle piante più antiche al mondo: viene coltivata da oltre 10.000 anni. Per secoli è stata una fonte fondamentale di cibo e fibre tessili, soprattutto in Cina o in Mesopotamia. Gli utilizzi della pianta di canapa sono stati numerosi: dal tessuto grezzo alla carta e alla tela, senza dimenticare – naturalmente – i fiori e i semi. Quest’ultimi sono noti fin dall’antichità per le loro proprietà terapeutiche e per questo usati per combattere disturbi di vario genere.

La facilità di coltivazione e l’idoneità di aggiungere Cannabis nelle rotazioni colturali esistenti, caratterizzano la “canapa” come un’opzione rinnovabile per la produzione di biocarburanti. Un maggior numero di forniture locali di centrali elettriche a biomassa da cannabis, utilizzando gli scarti delle colture, potrebbe contribuire in modo significativo all’universalità dell’accesso tutto l’anno e all’accessibilità dei prezzi.

Recenti ricerche, inoltre, hanno dimostrato che i rifiuti residui delle piante di Cannabis possono anche essere trasformati in nano-lamine di carbonio. Questo elemento ha dimostrato una notevole efficienza nel produrre elettrodi, superando i normali supercondensatori a base di grafene. Infine, alcuni studi hanno dimostrato come la pianta di canapa sia in grado di bonificare i terreni dai metalli pesanti. Una soluzione a tante delle numerose problematiche sociali ed ambientali che infliggono i Paesi, industrializzati e non, e l’ecosistema intero.

Storia della Canapa

Storicamente, la canapa era una coltura essenziale per gli abitanti del Nord America, soprattutto nei primi anni del 1600. Infatti, i primi coloni producevano canapa destinata a varie applicazioni e usi, come tela per le vele delle barche e delle navi, ma anche corde e cordoncini, sia per uso nautico che domestico.

Ma non è tutto: i primi coloni americani erano esperti anche nella produzione di olio di canapa ottenuto dai semi.

Nel ‘900, invece, Henry Ford rivoluzionò l’industria automobilistica introducendo la Model T. Si trattava di un’automobile realizzata interamente con i derivati della pianta di canapa e alimentata con etanolo, sempre ottenuto dalla canapa.

Negli anni ’30 Ford propose qualcosa di unico e straordinario per quei tempi: una delle prime soluzioni in ambito automobilistico in grado di unire sostenibilità, efficacia, sicurezza e design.

Proibizione della canapa

Nonostante i molteplici utilizzi di questa pianta, nel 1937 la canapa venne proibita. Fu, infatti, promulgata la legge che rendeva illegale la produzione di marijuana e qualsiasi tipo di pianta associata alla famiglia della cannabis. La questione del fumo di marijuana giunse anche all’attenzione dell’Ufficio federale degli stupefacenti degli USA e del presidente Roosevelt e, nonostante l’opposizione dell’Associazione medica americana, l’atto fu approvato.

Bisogna considerare che la canapa, già in quel periodo, si stava rivelando una coltura praticabile per gli agricoltori nordamericani e una potenziale soluzione per rispondere a migliaia di bisogni dei consumatori.

Nel 1942 il divieto fu revocato per un breve periodo per consentire la produzione di oggetti fondamentali per le attività belliche, come corda e tela, ma alla fine della seconda guerra mondiale, il divieto fu immediatamente ristabilito. Dopo questo periodo, la canapa industriale venne ancora una volta definita una “coltura illegale”.

Ovviamente, la canapa continuò a crescere come pianta selvatica, conservando il suo patrimonio genetico.

La canapa in Italia

L’Italia, fino ai primi del Novecento, era tra i primi produttori al mondo di canapa. Prima dell’inizio della seconda guerra mondiale, infatti, erano coltivati ettari ed ettari di canapa, raggiungendo livelli oggi inimmaginabili.

Una curiosità: si calcola che in quel periodo il nostro Paese producesse una quantità di canapa superiore a quella ottenuta oggi su scala mondiale.

Che cosa è successo poi?

Dopo un fermo durato secoli, la produzione della canapa si è riattivata suscitando grande curiosità e interesse anche da parte di coloro che hanno sempre ignorato questa pianta. Il motivo risiede, da un punto di vista economico, nell’aumento del prezzo del greggio e, dall’altro lato, in una maggiore attenzione e rispetto nei confronti dell’ecosistema. E mentre l’Italia bloccava la produzione rimanendo di fatto indietro, altri Paesi europei come la Francia hanno invece continuato a coltivare la canapa.

La situazione in Italia oggi

Il 2 Dicembre 2020 è sicuramente una data molto importante da ricordare nel percorso verso la legalizzazione della cannabis in Italia.

La commissione delle Nazioni Unite (ONU) si è riunita e ha riconosciuto ufficialmente le proprietà medicinali della Cannabis, declassandola dalla tabella IV delle sostanze stupefacenti.

Ed è così che il ministero dell’agricoltura ha riconosciuto ufficialmente la cannabis Sativa come pianta officinale, coltivabile a partire da sementi certificate senza necessità di richiedere alcuna autorizzazione.

La normativa prevede che da questa particolare varietà di canapa sia possibile ottenere diversi derivati, destinati anche al consumo alimentare e cosmetico, a patto di rispettare i limiti di THC fissati dal Ministero della Salute. Quest’ultimo, infatti, ha individuato in 5 mg/kg la soglia massima di principio attivo ammissibile nella cannabis legale acquistabile presso rivenditori autorizzati.

La strada verso la legalizzazione totale della cannabis, però, sembra essere ancora lunga. Ad esempio, quando parliamo di cannabis con elevato quantitativo di THC (superiore allo 0,6%), il suo stato di legalità è strettamente di tipo terapeutico. Inoltre, la pronuncia del 16 gennaio scorso, la Corte Costituzionale ha giudicato come inammissibile la proposta di referendum. Quest’ultima proponeva di modificare la normativa vigente per implementare una depenalizzazione dei reati previsti per il possesso e il consumo di cannabis. In particolare, l’obiettivo del quesito referendario era quello di eliminare la detenzione. Secondo la corte, l’approvazione del quesito referendario avrebbe di fatto consentito anche la coltivazione delle “droghe pesanti”.

Dunque, sul fronte “legalizzazione”, l’Italia continua ad essere spaccata a metà: da una parte c’è chi invita a guardare alla Germania “che ha cambiato profondamente linea su questo fronte” e chi la ritiene “una scelta sbagliata e diseducativa”.

Questo elemento è stato inserito in News. Aggiungilo ai segnalibri.