La plastica nei mari: un problema crescente
La plastica sta invadendo gli oceani, causando enormi danni all’ecosistema marino. Oltre ai rifiuti plastici visibili, si stanno diffondendo particelle microscopiche, come micro e nanoplastiche, che derivano da prodotti di consumo e attività industriali. Questi frammenti finiscono spesso in mare attraverso fiumi e rifiuti derivanti dalla pesca. Una delle principali sfide per affrontare questo problema è il recupero e lo smaltimento della plastica senza compromettere l’ambiente ulteriormente. Attualmente, rimuovere la plastica dagli oceani e trattarla adeguatamente è un processo lungo e costoso, in quanto richiede l’eliminazione dell’acqua salata prima della degradazione. Tuttavia, una soluzione innovativa potrebbe essere rappresentata da microrganismi geneticamente modificati, come dimostrato da uno studio dell’Università della Carolina del Nord.
La scoperta dei batteri mangia-plastica
I ricercatori hanno lavorato su due batteri marini per affrontare il problema del polietilene tereftalato (Pet), uno dei polimeri plastici più utilizzati e comuni negli oceani. Il primo batterio, Vibrio natriegens, è noto per la sua rapida capacità di riprodursi in ambienti marini, rendendolo ideale per trattare grandi superfici. Il secondo, Ideonella sakaiensis, ha la capacità di sintetizzare un enzima che decompone il Pet, permettendo al batterio di cibarsi dei frammenti plastici. I ricercatori hanno quindi creato un batterio geneticamente modificato combinando queste due caratteristiche: un Vibrio natriegens che produce l’enzima degradante del Pet grazie all’introduzione di una porzione di DNA dell’Ideonella sakaiensis.
Test promettenti e prossimi passi verso sempre più batteri mangia-plastica
I test di laboratorio hanno mostrato che questo batterio geneticamente modificato può degradare efficacemente il Pet nell’acqua di mare a una temperatura media di 30°C, senza produrre scarti tossici. La degradazione avviene direttamente in acqua salata, eliminando la necessità di trattamenti complessi per rimuovere l’acqua prima del processo. Il prossimo obiettivo dei ricercatori è inserire stabilmente il gene mangia-plastica nel DNA del Vibrio natriegens per migliorare la sua efficienza. Se perfezionata, questa tecnica potrebbe rappresentare un passo avanti significativo nella lotta all’inquinamento da plastica nei mari e potrebbe essere applicata anche per la degradazione di altri materiali.